E’ entrata in vigore, a far data dal 18 giugno 2017, la legge 29/5/2017 n° 71 (in G.U. n. 127/2017) contenente “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo“. Il testo di legge ha delle peculiarità che meritano di essere brevemente analizzate.
In primo luogo viene introdotta una nozione giuridica di “cyberbullismo”, individuato in “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonchè la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore, il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori, ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo” (art. 1, comma 2). Ciò che emerge chiaro, innanzitutto, è che la finalità che la legge prende ad oggetto è la tutela dei minorenni di qualsiasi età da una serie molto vasta di condotte dannose, denigratorie o persecutorie consumate online. La definizione è concepita con una formulazione ampia, nell’intento evidente di non tralasciare alcun atto dannoso, e tuttavia si deve dubitare della specificità di una indicazione quale quella del “serio abuso”, così generico da lasciare aperto un vero e proprio vulnus applicativo.
In secondo luogo, del “cyberbullismo” viene data una definizione, ma non viene introdotta nell’ordinamento alcuna nuova specifica fattispecie di reato, autonoma rispetto ai singoli reati che le condotte descritte già integrano. Perciò, il fenomeno preso ad oggetto della L. 71/2017 descrive di fatto una condotta-reato, ma non ha una conseguente previsione di pena per chi ne sia responsabile. Come mai questo? La risposta sta probabilmente in ciò, che il legislatore haè espressamente finalizzato questa legge alla prevenzione, più che alla repressione del fenomeno, ed alla soluzione degli effetti che ne conseguono. Si veda l’art. 1, comma 1, dove esplicitamente si legge l’obbiettivo di “contrastare il fenomeno del cyberbullismo (…) con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti” (vittime e responsabili).
La dissonanza tra contrasto e prevenzione è qui puramente apparente, sol che si legga l”intero provvedimento normativo. Qui il concetto di “contrasto” non è da intendersi nel senso di “punizione”, bensì come la naturale declinazione dell’opera di prevenzione, che passa attraverso programmi educativi ed informativi in ambito scolastico e famigliare (artt. 4 e 5). In quest’ottica, sono poi previsti alcuni mezzi di tutela, atti a preservare la tranquillità e la dignità del minorenne vittima di cyberbullismo: 1) innanzitutto la possibilità, riconosciuta anche direttamente in capo al minore ultraquattordicenne, l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato dannoso diffuso via internet: tale richiesta deve trovare riscontro concreto da parte del gestore del sito internet entro 24/48 ore e, in mancanza, è possibile far intervenire il Garante per la protezione dei dati personali, che provvederà nelle successive 48 ore; 2) è prevista anche (art. 7) la possibilità di richiedere al Questore, laddove non sia già stata proposta querela per i singoli reati eventualmente integrati (tra cui è menzionato anche quello di ingiuria, tuttavia già depenalizzato!) di emettere formale ammonimento nei confronti del responsabile di cyberbullismo, secondo la procedura già vigente per il reato di cui all’art. 612 bis c.p., e con analoghi effetti. Tuttavia, gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età da parte del responsabile.
E’ giusto notare, da ultimo, che minorenni sono le vittime che la legge vuole tutelare, ma altresì gli autori delle condotte illecite prese in esame possono essere esclusivamente dei minorenni ultra quattordicenni (in coerenza con la soglia di punibilità). Si tratta perciò di una legge che disciplina un fenomeno criminoso concepito come limitato solo tra minori. Scelta, questa, a parere di chi scrive, forse azzardata e che dovrà essere rivista alla luce dell’esperienza, pena una parziale inefficacia della tutela che la legge vorrebbe apprestare.